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La grafologia di fronte alla falsificazione della scrittura ha un approccio psicologico, ossia basato sull’esame “obiettivo” dei segni psicografici, che sono tradotti in 226 segni, secondo una certa scuola, o meno della metà, secondo un’altra scuola. Ogni segno è interpretato dal rispettivo caposcuola, in rapporto a dei simboli (significanti) che rimandano a dei significati, in base ai quali, il perito grafologo attribuisce un valore (e senso) anziché un altro; oppure, con approccio diverso nella forma, ma simile nella sostanza, che di volta in volta è definito metodo grafometrico, calligrafico, psicografico, grafico, grafico a base psicologica, grafoanalitico… e chi più ne ha più ne metta. Sono tutti metodi che all’approccio psicologico aggiungono o sostituiscono nozionismi tipici: ora del tecnicismo (anche roboante, tipo, perizia con metodo analitico-statistico-grafometrico); ora dello scolasticismo (anche puro, tipo, perizia calligrafica o grafica o grafologica o psicografologica, ecc.). Ma una perizia deve essere grafica o grafologica? La scienza che studia la grafia è necessariamente la grafo-logia (da graphia e logos, discorso sulla scrittura); mentre la grafica (da graphia) attiene solo ai segni convenzionali su cui si basa la scrittura (che è l’oggetto dello studio della grafologia)[1]. In giurisprudenza l’art.11 del DL.vo 14/1/1991, n° 12, recante norme integrative e correttive del processo penale, ha sostituito all’originario termine “grafologia”, l’espressione “analisi e comparazione della grafia”, lasciando aperto il campo del metodo da adottare in perizia, purché rispetti i criteri scientifici. Tuttavia, secondo l’autore, i criteri scientifici sussistono se il ragionamento sull’analisi della grafia è dotato di logica, ciò lascia concludere, che l’accezione dell’indagine peritale appropriata è grafo-logica e non grafica, perché in perizia non ci può essere interpretazione della scrittura, dotata di senso, a prescindere dalla logica. Una perizia deve essere d’analisi strutturale morfo-logica o grafo-logica? In senso filologico abbiamo detto, che l’indagine dotata di senso deve definirsi grafo-logica (trattino compreso) e non grafica; qui dobbiamo distinguere il senso dei termini di morfo-logia e grafo-logia. La morfo-logia è lo studio analitico e descrittivo delle forme delle parole come unità lessicali (nome, aggettivo, verbo, pronome, ecc., cioè come parti del discorso), e delle forme che queste assumono nelle varie azioni a cui vanno soggette secondo le diverse funzioni grammaticali. La grafologia, invece, è un’interpretazione della scrittura, mentre la morfologia è una descrizione delle parole che formano la scrittura, da ciò segue, che l’accezione peritale appropriata è perizia grafologica e non morfologica, anche se la morfologia può essere un aspetto della perizia grafologica, ma non viceversa. Una perizia deve essere calligrafica o grafo-logica? Il metodo di mettere a confronto le singole lettere della scrittura contestata con quella autentica, per poi dedurre una certa conclusione è il classico ed obsoleto metodo calligrafico, che ha poco a che vedere con quello grafologico e nulla ha di scientifico. A riguardo, infatti, la Suprema Corte, già nel lontano 1990 ha sancito: “In tema di perizia per accertare l’autenticità di una scrittura, il vecchio metodo, in cui il perito procedeva esclusivamente ad una comparazione alfabetica, limitandosi a paragonare tra loro le singole lettere è stato abbandonato, non avendo nulla di scientifico; è noto infatti che uno stesso soggetto può variare la propria scrittura non solo col passare degli anni, ma nello stesso lasso di tempo –a seconda che attribuisca allo scritto maggiore o minore significato o della persona cui è diretto, ecc.- e, addirittura, in uno stesso scritto”[2]. Perizia grafo-metrica o grafo-logica? Il metodo grafometrico in senso epistemologico non si presta a verifica ed è superato dalle moderne e sofisticate tecniche di falsificazione, che riproducono artificialmente l’impronta grafica alla perfezione; comunque, è utile riportare una sentenza della Corte d’Appello di Trento, che già nel lontano 1956 ha disatteso tale metodo, optando per quello grafologico. La sentenza recita: “Nell’accertamento dell’autografia di una scrittura privata, il metodo dell’esame dell’aspetto dell’esecuzione grafica, basato sul rilievo dell’impronta personale della scrittura, estrinsecatesi nella diversità delle linee della pressione, dell’estensione, della velocità, come quello in formato, ha più sicuri criteri scientifici, dà maggiore affidamento dell’esame grafometrico, sicché in caso di discordanza dei risultati dell’esame condotto con due metodi, sono più attendibili quelli ottenuti con il primo”[3].
Ammettiamo per
assurdo che la Psicologia della scrittura e/o la Grafologia
siano una scienza in grado di svelarci su basi oggettive dei risultati
accettabili in perizia ed in psicoterapia. Abbiamo già detto che
nell’interpretazione della scrittura sono stati individuati fino a 226
segni. Questi segni sono in grado di svelarci l’inconscio e,
mediante un rapporto simbolico tra significante e significato, offrono in
perizia un risultato anziché un altro. Ecco la ragione epistemologica per la quale un perito non può mai ideologizzare un sapere precostituito, giacché lo porterebbe nella ricerca a vedere con l’occhio solo ciò che cerca[4]. Una teoria (grafologica o altro) è falsificabile se esiste un falsificatore potenziale, in altre parole, un asserto di base che entra in contrasto con la teoria stessa. Ora, noi stiamo vivendo il Terzo Millennio, vale a dire, che ormai siamo immersi in una transazione tecnocomunicativa da un sistema neolitico-industriale ad uno neolitico-digitale. La cibernetica è in grado di dotare d’intelligenza artificiale qualsiasi macchina e nel Mercato già esistono sistemi di falsificazione della scrittura che trasformano la copia in un “originale”…”più originale dell’originale”[5]. Ecco allora rispettata l’inversione del criterio scientifico di cui parla Popper: l’esperienza ha il compito non di fondare, ma di smentire un’ipotesi, poiché un sistema empirico deve poter essere confutato dall’esperienza. Infatti, l’esperienza neolitico-digitale ci mette a disposizione strumenti e tecniche di falsificazione che rendono falsificabile la teoria grafologica per come conosciuta fino al XX secolo. Lo studio e la conoscenza delle opere dei vari autori di grafologia[6] è condizione necessaria, ma insufficiente per offrire al giudice, nel Terzo Millennio, un giusto responso; ciò perché la falsificazione della scrittura non avviene più tanto e solo mediante simulazione, imitazione del gesto scrivente, ecc., ma col supporto di strumenti e tecniche di falsificazione cibernetiche, che sfruttano le caratteristiche scriventi biologiche dell’autore originale assunto come modello da contraffare.
In questo senso il problema nuovo,
che il perito ha davanti a sé, è duplice: non già quello di accertare se una
scrittura è riconducibile alla mano di Tizio (condizione necessaria ma
insufficiente) ma, più correttamente, se è riconducibile sia alla mano
biologica di Tizio e sia se è stata apposta da Tizio esattamente su quel
documento contestato e non altrove, perché trasportata su quel documento con
sistema artificiale (condizione necessaria e sufficiente).
Il ruolo moderno del perito
grafologo, allora, è quello di saper distinguere il vero dal falso
tra realtà e contraddizione del reale, posto che una scrittura
può essere vera in senso grafologico (vale a dire che rispetta tutte le
caratteristiche scriventi dell’autore contraffatto), ma falsa in senso reale
*. Note [1] Si veda: Devoto, G/ Oli, G.C. - Nuovo Vocabolario Illustrato della Lingua Italiana, voce “grafica”, pag. 1352. [2] Cass. Pen. 23 Ottobre 1990, Nagae, in Riv. Pen., 1991, 871. [3] Corte d’Appello di Trento, 25/5/1956 in Giustizia civile, 1956, 25, massima. [4] Il rifiuto dell’ideologia e la qualificazione della grafologia come scienza dell’uomo, richiedono una ridefinizione della nozione e dell’orizzonte di senso, di “psico”, “logos” e “grafia”. [5] una penna ottica imita e riproduce 650 livelli di pressione; un plotter (coordinatografo elettronico) opera in linea con il restitutore analitico che effettua il computo delle coordinate-tavolo e proietta l’immagine su monitor di computer collegato con una microtelecamera incorporata. La penna traccia la carta con i segni di quanto fotografato in innumerevoli scale e con tecniche le adatta a vari scopi e in qualunque direzione, verso, ecc. [6] Crepieus-Jamin, Barisone M., Galeazzi G., Moretti G., Pulver M., Klages L., Mastronardi V., Marchesan M. e R., Malsani J., Saudak R., Palaferri N., e altri. |
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