L'autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha
ribadito un orientamento costante della giurisprudenza, su un principio
cardine del diritto amministrativo italiano:
«La
denominazione "Università" è riservata, infatti, per legge
alle università statali ed a quelle non statali
riconosciute per rilasciare titoli aventi valore legale». Allo stesso modo i titoli di studio universitari e
le qualifiche accademiche sono soltanto quelli previsti per legge,
ossia: "Le qualifiche accademiche di dottore, compresa quella
honoris causa, le qualifiche di carattere professionale, la qualifica di
libero docente possono essere conferite soltanto con le modalità e nei
casi indicati dalla legge".
IL PRINCIPIO GIURIDICO DEL DIVIETO
D’INVENTARSI UNIVERSITA’, SCUOLE E TITOLI ACCADEMICI
Questi principi giuridici nel campo grafologico
forense, vanno applicati, al di là del fatto che Rolando Marchesan
nell'istruttoria ha precisato (e gli si può pure credere) che "lui non
ha mai promesso a nessuno che i suoi titoli avessero valore
legale". Questa disposizione afferma principi che vanno ben oltre ed è,
proprio per questo, a dir poco, illuminante.
Gli avvocati ed i giudici non possono dare per scontato che il
grafologo è un laureato o diplomato o, a prescindere, che è istruito e
competente. E' questo il vero problema di fondo. Dietro il diploma
post-laurea mi è capitato la sventura d’incontrare la perito-casalinga
con la quinta elementare, ma dietro la perito-casalinga, chi c’è? A chi
potrebbe giovare l'incompetenza? Non bisogna essere criminologi per
capire, quindi, che l'Autorità Garante, ancora una volta, ha fatto bene
a mettere il dito sulla patologia dei titoli fasulli (di cui si è più
volte occupata nelle varie discipline e indirizzo).
Tra i periti, in generale, la prassi è che l'avvocato, prima, ti nomina
CTP in udienza e, poi, a tempo debito, ti fa leggere l'incartamento. Già
questa prassi la dice lunga, perché significa che l'avvocato decide per
te che il cliente ha ragione e poi tu gli devi trovare una strada per
dimostrarlo; mentre, metodo-logia e deontologia vorrebbero, che prima il
CTP dovrebbe studiare il caso e poi decidere il da farsi. E' qui,
che la forma s'incontra con la sostanza.
In Italia c'è largamente chi è convinto, a torto,
che si è grafologi solo se si è frequentata la scuola vicina al Frate
Moretti o del rettore-che-tale-non-è oppure quella
(ovviamente!) "Superiore" di perizie, riconosciuta neanche dal proprio condominio. C’è, in
tale pretesa (senza sconfinare in analisi criminologiche, ma rimanendo
su un piano antropologico culturale), un dato di presunzione, sommato ad
un limite
di stoltezza.
La presunzione, è che si ritiene che il proprio percorso
sia sempre più verde dell’altro; la stoltezza, legata al primo, è che
s’ignora un principio scientifico elementare: “Nulla si crea, nulla si
distrugge, ma tutto si trasforma”.
Il che vuol dire, in altre parole,
che la grafologia non nasce tanto con Moretti o con il sedicente “rettore”, quanto, grazie al pensiero e alle opere di
personalità storiche come Parmenide, Aristotele, Socrate, Platone, Archimede, Pitagora, Ippocrate,
Bruno, Bacon, Hobbes, Newton, Locke, Kant, Schopenhauer, Dilthei,
Wittgenstein, Heidegger, Cartesio, Galilei, Gadamer, Popper e altri
ancora. Senza questi grandi pensatori, oggi, non avremmo alcun pensiero
scientifico (ancor meno la grafologia) e allora ci berremmo la grafologia (come altre
discipline più ermeneutiche) come l'acqua fresca, perché incapaci di
confrontarci in termini onto-logici ed epistemo-logici, ancor prima che
grafo-logici. Paradossalmente, si pretende di svolgere un compito grafo-logico,
senza conoscere la Logica (né aristotelica né di Boole).
In una causa un perito livornese, una volta, contestò la
procedura per assurdo (secondo cui postulavo che la scrittura
appartenesse all'autore sconosciuto Alfa), scambiandola per un pregiudizio! Una CTP, pseudo-preside di una scuola "superiore", Verso
l'Infinito e Oltre, geniale, ovviamente, per dimostrare l'
"incompetenza" del CTU ha chiamato alla raccolta in udienza altri tre consulenti
di parte
(dalla serie, più siamo e più contiamo!). In quattro, volevano
convincere il giudice che quella firma apposta su una fideiussione
bancaria, falsa per fatto storico, ancor prima che apposta con mezzo
meccanico, fosse vera! Per "convincere" anche il CTU, il genio, gli
aveva consegnato una firma comparativa falsa, in modo che confrontando il falso col
falso si sarebbe ottenuto (inevitabilmente) un risultato di vero!
Un avvocato lungimirante (di quelli che nel suo studio per entrare da una stanza all'altra devi chiamare un taxi), presentò un testamento del figlio del
de cujus, contro un altro testamento, della seconda moglie del de cujus.
Poiché l'ultimo testamento era stato sottoscritto il giorno x, in
situazione di ricovero ospedaliero, ho chiesto al
giudice l'autorizzazione d'acquisire la cartella clinica del giorno x, su cui c'era
scritto: "Il paziente è impossibilitato a muovere i 4 arti!". Insomma,
senza la criminologia anche nella grafologia peritale, non si va lontano!
Fuori dalla
metodologia, ti ritrovi la perita-casalinga che in perizia cita con
disinvoltura Baldi o Moretti (perché magari l'uno gli ricorda un nome
sul campanello e l'altro la famosa birra), ma ignora il senso e la differenza tra il metodo e
la metodologia, tra Cartesio
e Alberto Sordi, tra l’analitica e la logica, tra
la retorica e l’eristica, tra l’ermeneutica e l’epistemologia; mischia e
somma metodi equidistanti (grafologico con grafonomico,
calligrafico con grafologico, grafometrico con l'aria fritta); confonde
i termini grafica e grafologica, fisiologia e neurofisiologia, scienza e
scientismo, tecnica e tecnicismo, Maradona e Freud! Insomma, un manicomio!
Senza vanagloria, ma solo per ristabilire un punto di equilibrio e dare
un po' di senso al senso: io, per divenire criminologo clinico,
dopo la laurea (quadriennale), ho dovuto superare un concorso
d'ammissione (prova orale e scritta) alla facoltà (statale) di medicina e
chirurgia di Modena e sostenere in tre anni 22 esami e la tesi in
neuropsichiatria forense! Ho studiato un altro anno per perfezionarmi in
Sicurezza e Criminologia all'università (statale) di L'Aquila e,
un altro ancora, per perfezionarmi in Linguaggio e Comunicazione,
all'università (statale) di Firenze. Poi, per definirmi "professore" ho superato due esami
d'abilitazione (di cui uno, per l'insegnamento all'handicap). In
sintesi, per dire la mia al giudice ho studiato 9 (otto) anni dopo
la laurea: tra studi d'abilitazione, di perfezionamento e di
specializzazione.
Eppure, di fronte al giudice ti trovi la perito-casalinga con la quinta
elementare (anche come CTU), con il suo diplomino post-laurea senza la laurea, che con grande faccia tosta pretende
addirittura di farti l'esame, giacché col tempo si è davvero autoconvinta di essere competente e non conosce ostacoli (nella vita c'è
chi si autoconvince di essere Napoleone o una Principessa e chi
perito!).
Sarebbe una metafora divertente se a rimetterci non fosse la Giustizia,
insieme sia a chi per studiare ha affrontato anni di sacrifici e sia
(non ultimo, ovviamente) all'uomo della strada, imputato e malcapitato
di turno, che per l'incoscienza e non-scienza della perito-casalinga,
può comprarsi un bel pigiama a strisce, giacché il suo destino è segnato!
Afferma il prof. Francesco Sidoti, presidente del corso di laurea in
scienze dell'investigazione all'università di L'Aquila: "Ogni giorno c'è
un innocente che è incolpato ingiustamente e un colpevole che riesce a
farla franca". Il dramma è che l'errore giudiziario colpisce sempre
l'innocente, anche perché, come diceva Totò, la fortuna è cieca, ma la
sfortuna ci vede benissimo!
Afferma il Garante: «Queste
disposizioni sono ispirate all'evidente finalità di evitare che
s’ingenerino confusioni tra soggetti abilitati a rilasciare diplomi di
laurea aventi valore legale ai sensi della normativa italiana ed altri
istituti formativi, che, indipendentemente dalla qualità dell'istruzione
impartita, tale abilitazione non posseggano». E aggiunge:
«Per
il consumatore italiano, pertanto, il termine università, oltre ad
essere giuridicamente pregnante, è carico di indiscutibili valenze
storico-culturali, immediatamente connesso com'è ad enti ed istituzioni
che da tempo caratterizzano, non solo sul piano culturale, la vita e la
società italiana; possiedono cioè una forza evocativa loro propria che
rimanda al valore legale dei titoli rilasciati.
[Cfr., sul punto , Tar Lazio Sez. I. n.14655/2004]».
IL
PRINCIPIO GIURIDICO DEL DIVIETO D’INVENTARSI “ALBI” DEI PERITI
L’Autorità Garante ha rilevato, altresì, come
«l'utilizzo delle espressioni "università", "rettore", "post
università", "tesi", "albo redatto con la supervisione
di un ispettore Generale del Ministero di Grazia e Giustizia apprezzato
anche da alti magistrati milanesi", lascia intendere che la
UIM sia un'Università riconosciuta
e che possa rilasciare titoli aventi valore legale, anche ai fini
dell'iscrizione in un fantomatico albo professionale. I profili
d’ingannevolezza segnalati riguardano, quindi, la possibile induzione in
errore dei consumatori circa la qualifica della predetta società quale
istituzione universitaria riconosciuta in Italia, nonché circa il valore
legale dei titoli dalla stessa rilasciati».
A buon intenditor…
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