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Commento alla disposizione del Garante sulla UIM-di Marchesan
La patologia del perito grafologo

di
Prof. Saverio Fortunato
(Specialista in Criminologia Clinica)
 

L'autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha ribadito un orientamento costante della giurisprudenza, su un principio cardine del diritto amministrativo italiano: «La denominazione "Università" è riservata, infatti, per legge[1] alle università statali ed a quelle non statali riconosciute per rilasciare titoli aventi valore legale[2]». Allo stesso modo i titoli di studio universitari e le qualifiche accademiche sono soltanto quelli previsti per legge[3], ossia: "Le qualifiche accademiche di dottore, compresa quella honoris causa, le qualifiche di carattere professionale, la qualifica di libero docente possono essere conferite soltanto con le modalità e nei casi indicati dalla legge".

IL PRINCIPIO GIURIDICO DEL DIVIETO D’INVENTARSI UNIVERSITA’, SCUOLE E TITOLI ACCADEMICI

Questi principi giuridici nel campo grafologico forense, vanno applicati, al di là del fatto che Rolando Marchesan nell'istruttoria ha precisato (e gli si può pure credere) che "lui non ha mai promesso  a nessuno che i suoi titoli avessero valore legale". Questa disposizione afferma principi che vanno ben oltre ed è, proprio per questo, a dir poco, illuminante.

Gli avvocati ed i giudici non possono dare per scontato che il grafologo è un laureato o diplomato o, a prescindere, che è istruito e competente.  E' questo il vero problema di fondo. Dietro il diploma post-laurea mi è capitato la sventura d’incontrare la perito-casalinga con la quinta elementare, ma dietro la perito-casalinga, chi c’è? A chi potrebbe giovare l'incompetenza? Non bisogna essere criminologi per capire, quindi, che l'Autorità Garante, ancora una volta, ha fatto bene a mettere il dito sulla patologia dei titoli fasulli (di cui si è più volte occupata nelle varie discipline e indirizzo).

Tra i periti, in generale, la prassi è che l'avvocato, prima, ti nomina CTP in udienza e, poi, a tempo debito, ti fa leggere l'incartamento. Già questa prassi la dice lunga, perché significa che l'avvocato decide per te che il cliente ha ragione e poi tu gli devi trovare una strada per dimostrarlo; mentre, metodo-logia e deontologia vorrebbero, che prima il CTP dovrebbe studiare il caso e poi decidere il da farsi.  E' qui, che la forma s'incontra con la sostanza.

In Italia c'è largamente chi è convinto, a torto, che si è grafologi solo se si è frequentata la scuola vicina al Frate Moretti o del rettore-che-tale-non-è oppure quella (ovviamente!) "Superiore" di perizie, riconosciuta neanche dal proprio condominio. C’è, in tale pretesa (senza sconfinare in analisi criminologiche, ma rimanendo su un piano antropologico culturale), un dato di presunzione, sommato ad un limite di stoltezza.
La presunzione, è che si ritiene che il proprio percorso sia sempre più verde dell’altro; la stoltezza, legata al primo, è che s’ignora un principio scientifico elementare: “Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”.
Il che vuol dire, in altre parole, che la grafologia non nasce tanto con Moretti o con il sedicente “rettore”, quanto, grazie al pensiero e alle opere di personalità storiche come Parmenide, Aristotele, Socrate, Platone, Archimede, Pitagora, Ippocrate, Bruno, Bacon, Hobbes, Newton, Locke, Kant, Schopenhauer, Dilthei, Wittgenstein, Heidegger, Cartesio, Galilei, Gadamer, Popper e altri ancora. Senza questi grandi pensatori, oggi, non avremmo alcun pensiero scientifico (ancor meno la grafologia) e allora ci berremmo la grafologia (come altre discipline più ermeneutiche) come l'acqua fresca, perché incapaci di confrontarci in termini onto-logici ed epistemo-logici, ancor prima che grafo-logici. Paradossalmente, si pretende di svolgere un compito grafo-logico, senza conoscere la Logica (né aristotelica né di Boole).
In una causa un perito livornese, una volta, contestò la procedura per assurdo (secondo cui postulavo che la scrittura appartenesse all'autore sconosciuto Alfa), scambiandola per un pregiudizio! Una CTP, pseudo-preside di una scuola "superiore", Verso l'Infinito e Oltre, geniale, ovviamente, per dimostrare l' "incompetenza" del CTU ha chiamato alla raccolta in udienza altri tre consulenti di parte (dalla serie, più siamo e più contiamo!). In quattro, volevano convincere il giudice che quella firma apposta su una fideiussione bancaria, falsa per fatto storico, ancor prima che apposta con mezzo meccanico, fosse vera! Per "convincere" anche il CTU, il genio, gli aveva consegnato una firma comparativa falsa, in modo che confrontando il falso col falso si sarebbe ottenuto (inevitabilmente) un risultato di vero!
Un avvocato lungimirante (di quelli che nel suo studio per entrare da una stanza all'altra devi chiamare un taxi), presentò un testamento del figlio del de cujus, contro un altro testamento, della seconda moglie del de cujus. Poiché l'ultimo testamento era stato sottoscritto il giorno x, in situazione di ricovero ospedaliero, ho chiesto al giudice l'autorizzazione d'acquisire la cartella clinica del giorno x, su cui c'era scritto: "Il paziente è impossibilitato a muovere i 4 arti!". Insomma, senza la criminologia anche nella grafologia peritale, non si va lontano!

Fuori dalla metodologia, ti ritrovi la perita-casalinga che in perizia cita con disinvoltura Baldi o Moretti (perché magari l'uno gli ricorda un nome sul campanello  e l'altro la famosa birra), ma ignora il senso e la differenza tra il metodo e la metodologia, tra Cartesio e Alberto Sordi, tra l’analitica e la logica, tra la retorica e l’eristica, tra l’ermeneutica e l’epistemologia; mischia e somma metodi equidistanti (grafologico con grafonomico,  calligrafico con grafologico, grafometrico con l'aria fritta); confonde i termini grafica e grafologica, fisiologia e neurofisiologia, scienza e scientismo, tecnica e tecnicismo, Maradona e Freud! Insomma, un manicomio!
Senza vanagloria, ma solo per ristabilire un punto di equilibrio e dare un po' di senso al senso: io, per divenire criminologo clinico, dopo la laurea (quadriennale), ho dovuto superare un concorso d'ammissione (prova orale e scritta) alla facoltà (statale) di medicina e chirurgia di Modena e sostenere in tre anni 22 esami e la tesi in neuropsichiatria forense! Ho studiato un altro anno per perfezionarmi in Sicurezza e Criminologia all'università (statale) di L'Aquila e, un altro ancora, per perfezionarmi in Linguaggio e Comunicazione, all'università (statale) di Firenze. Poi, per definirmi "professore" ho superato due esami d'abilitazione (di cui uno,  per l'insegnamento all'handicap). In sintesi, per dire la mia al giudice ho studiato 9 (otto) anni dopo la laurea: tra studi d'abilitazione, di perfezionamento e di specializzazione.
Eppure, di fronte al giudice ti trovi la perito-casalinga con la quinta elementare (anche come CTU), con il suo diplomino post-laurea senza la laurea, che con grande faccia tosta pretende addirittura di farti l'esame, giacché col tempo si è davvero autoconvinta di essere competente e non conosce ostacoli (nella vita c'è chi si autoconvince di essere Napoleone o una Principessa e chi perito!).
Sarebbe una metafora divertente se a rimetterci non fosse la Giustizia, insieme sia a chi per studiare ha affrontato anni di sacrifici e sia (non ultimo, ovviamente) all'uomo della strada, imputato e malcapitato di turno, che per l'incoscienza e non-scienza della perito-casalinga, può comprarsi un bel pigiama a strisce, giacché il suo destino è segnato!
Afferma il prof. Francesco Sidoti, presidente del corso di laurea in scienze dell'investigazione all'università di L'Aquila: "Ogni giorno c'è un innocente che è incolpato ingiustamente e un colpevole che riesce a farla franca". Il dramma è che l'errore giudiziario colpisce sempre l'innocente, anche perché, come diceva Totò, la fortuna è cieca, ma la sfortuna ci vede benissimo!

Afferma il Garante:  «Queste disposizioni sono ispirate all'evidente finalità di evitare che s’ingenerino confusioni tra soggetti abilitati a rilasciare diplomi di laurea aventi valore legale ai sensi della normativa italiana ed altri istituti formativi, che, indipendentemente dalla qualità dell'istruzione impartita, tale abilitazione non posseggano». E aggiunge: «Per il consumatore italiano, pertanto, il termine università, oltre ad essere giuridicamente pregnante, è carico di indiscutibili valenze storico-culturali, immediatamente connesso com'è ad enti ed istituzioni che da tempo caratterizzano, non solo sul piano culturale, la vita e la società italiana; possiedono cioè una forza evocativa loro propria che rimanda al valore legale dei titoli rilasciati. [Cfr., sul punto , Tar Lazio Sez. I. n.14655/2004]».

IL PRINCIPIO GIURIDICO DEL DIVIETO D’INVENTARSI “ALBI” DEI PERITI

L’Autorità Garante ha rilevato, altresì, come «l'utilizzo delle espressioni "università", "rettore", "post università", "tesi", "albo redatto con la supervisione di un ispettore Generale del Ministero di Grazia e Giustizia apprezzato anche da alti magistrati milanesi", lascia intendere che la UIM sia un'Università riconosciuta e che possa rilasciare titoli aventi valore legale, anche ai fini dell'iscrizione in un fantomatico albo professionale. I profili d’ingannevolezza segnalati riguardano, quindi, la possibile induzione in errore dei consumatori circa la qualifica della predetta società quale istituzione universitaria riconosciuta in Italia, nonché circa il valore legale dei titoli dalla stessa rilasciati».
 
A buon intenditor…
 


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Riconoscimento giuridico del 24/05/2006 al n. 521 del Registro Regionale delle Persone Giuridiche Private, istituito ai sensi del D.P.R. del 10.2.2000 n. 361)
[1] ai sensi dell'articolo 10, comma 1, del D.L. 1 ottobre 1973, n. 580, recante "Misure urgenti per l'Università", convertito con modificazioni nella legge 30 novembre 1973, n. 766
[2] L'articolo in esame dispone, infatti, che "le denominazioni di università, ateneo, politecnico, istituto di istruzione universitaria, possono essere usate soltanto dalle università statali e da quelle non statali riconosciute per rilasciare titoli aventi valore legale a norma delle disposizioni di legge".
[3] Ossia, dalla legge 13 marzo 1958, n. 262; legge 19 novembre 1990, n. 341; articolo 2 della legge n. 262/58 e articolo 1 punti 1. e 2. del R.D., recante "Testo unico delle leggi sull'istruzione superiore", del 31 dicembre 1933, n. 1592.

© Criminologia.it - Pubblicato in rete il 1.7.2006 h:26,45
 

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contro la UIM-di Marchesan