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Il documento oggetto di perizia grafologica: originale o fotocopia?
di Dr. Lelio Cassettari
(Laureato in Scienze dell'Investigazione)
 

La perizia, intesa come mezzo di ricerca della prova, rappresenta uno strumento che il giudice utilizza per formare il suo libero convincimento, mediante la nomina di un professionista della materia trattata il quale, con le sue conoscenze tecniche, scientifiche o artistiche, consente allo stesso magistrato di acquisire elementi idonei al raggiungimento della verità processuale.
Nella fattispecie, la consulenza peritale d’analisi e comparazione della grafia, è l’attività scientifica e tecnica compiuta da un esperto per individuare i falsi e le scritture contraffatte e per accertarne l’autenticità, la spontaneità o l’artificiosità esecutiva.

S’impone la necessità che l’analisi grafologica sia svolta, secondo una rigorosa metodologia, da soggetti competenti, specializzati e qualificati, sia per evitare potenziali errori che potrebbero sopravvenire, sia per l’importanza che la materia in oggetto riveste nell’investigazione criminale.
L’attività grafico-grafologica da espletare in tali casi è molto complessa e difficoltosa per svariate motivazioni: la variabilità del grafismo individuale, la mancata conoscenza delle circostanze oggettive e soggettive in cui è stato redatto il manoscritto oggetto di perizia, la possibile inidoneità quantitativa e qualitativa delle scritture di comparazione e, in certe circostanze, la scarsità dello stesso materiale da analizzare.
E’ superfluo rilevare che il lavoro effettuato deve essere improntato al rigore scientifico e metodologico, escludendo ogni possibile improvvisazione, leggerezza e circostanza fortuita, così da poter sempre giustificare il risultato dell’indagine condotta e le asserzioni sostenute con valenza dimostrativa, perché la perizia deve essere un elaborato che contiene la dimostrazione di quanto affermato ed esposto al suo interno.
Quanto sopra al fine di ridurre le possibilità di commettere errori durante il compimento delle fasi peritali volte all’accertamento della verità ed inerenti ai compiti che il perito grafologo è chiamato a svolgere, vale a dire verificare la genuinità delle firme su svariate documentazioni quali titoli di credito e scritture private, appurare l’originalità di testamenti e, talvolta, individuare l’autore di scritti anonimi.

La perizia grafologica deve svolgersi sul documento originale nella sua interezza, in modo tale da prendere in considerazione la totalità delle circostanze che possono aver influito sulla sua compilazione. Inoltre, per il miglior espletamento dell’incarico peritale, è necessario lavorare sempre sull’originale e non su copie fotostatiche.

Una ponderata e valida perizia non potrà mai essere eseguita su di una fotocopia, giacché la documentazione autentica permette di osservare una serie d’elementi costitutivi che sono assenti nella riproduzione e che sono d’elevata importanza ai fini dell’indagine peritale.
I punti ove il tratto grafico è sottoposto ad una maggiore o minor pressione, esercitata dal mezzo scrivente sulla carta, ad esempio, saranno osservabili solo sul retro del foglio originale, mentre tale fatto sarà impossibile da costatare nella copia. Allo stesso modo, il colore ed il tipo dell’inchiostro saranno percepibili, con tutte le possibili variazioni cromatiche e le difformità nella distribuzione sul foglio, nell’atto genuino e non nella riproduzione.

Una nota di chiarimento: occorre differenziare il documento originale dalla copia conforme dello stesso atto, che in ogni modo genera effetti giuridici, perché l’originale è il foglio, il manoscritto, il supporto cartaceo su cui è stata impressa la scrittura con la penna o con altro mezzo scrivente, la copia conforme è invece un atto che ne riproduce un altro, emesso dalla Pubblica Amministrazione, e la cui fedele corrispondenza all’autentico è attestata dalla dichiarazione formale di un pubblico ufficiale, per legge autorizzato a tali funzioni[1].. L'operazione con cui si conferisce alla copia l'attestazione di conformità all'originale è chiamata "autentica" (e si parla infatti anche di "copia autentica") se dall'attestazione conseguano particolari effetti giuridici che la rendano equipollente all'originale; la copia è invece detta "semplice" quando, pur garantendone la conformità in modi analoghi, la qualità dell'atto resti meramente documentaria.
Altra e diversa cosa è la firma digitale (o firma elettronica qualificata), basata sulla tecnologia della crittografia a chiavi asimmetriche
[2], che è un sistema d’autenticazione di documenti digitali analogo alla firma autografa su carta e permette di identificare in modo univoco il titolare, attraverso mezzi di cui il firmatario deve detenere il controllo esclusivo, perché nel nostro ordinamento giuridico la firma digitale (essa non è una materiale sottoscrizione, ma è un codice, una successione di numeri e simboli) è riconosciuta ed equiparata a tutti gli effetti di legge alla firma autografa su carta.

Per accertarsi dell’eventuale presenza d’alterazioni meccaniche o chimiche su un manoscritto (cd. falso documentale[3]), quali cancellature, abrasioni, sostituzioni e aggiunta di lettere e cifre, possibili segni di preparazione con il lapis per la successiva imitazione di una firma, nonché per appurare anomalie che possono essere importanti ai fini dell’indagine peritale in esecuzione, è necessario effettuare un esame tecnico strumentale sull’atto originale: da tali ricerche possono emergere elementi, sia pure minuziosi, che segnalano l’eventuale falso e che, talora, possono riguardare la possibile aggiunta di micro-tratti grafici, piccole correzioni ed interruzioni artificiali del gesto grafico.

Le ispezioni strumentali fattibili, non distruttive, sono varie, dalla semplice osservazione per trasparenza alle analisi effettuate con i mezzi ottici ricorrenti e più vari, come il microscopio elettronico stereoscopico, la tradizionale lampada di Wood e l’indagine agli infrarossi.

Con le ispezioni per trasparenza ed a luce radente è possibile osservare tutte le particolarità presenti sulla superficie del foglio, le irregolarità che interessano la carta, le possibili cancellature, ottenute mediante sfregamento della superficie e, con particolare riferimento al retro del foglio, può essere messa in evidenza la profondità del solco lasciato dalla penna.
L’osservazione al microscopio stereoscopico, che permette di osservare gli oggetti in immagini tridimensionali, unitamente alla relativa dimostrazione fotografica (macro e micro-fotografie), diventa indispensabile soprattutto quanto è necessario dar rilievo e confrontare tracciati da analizzare con grafie di comparazione e mettere meglio in risalto alcuni tratti salienti della scrittura in esame.
Le analisi agli infrarossi e quelle all’ultravioletto consentono di controllare gli effetti altrimenti non visibili ad occhio nudo. Le prime, infatti, rilevano la brillantezza e l’opacità degli inchiostri ed evidenziano se su uno stesso documento ne siano stati usati tipi diversi (si pensi all’alterazione di un assegno, effettuata modificando con altra penna le cifre originariamente scritte). Le seconde, effettuate a mezzo della lampada di Wood, possono far apparire, per effetto della fluorescenza, macchie dovute al danneggiamento della carta per sfregamento, conseguente a cancellature o per l’uso di acidi e scolorina.

Tutte queste metodologie necessitano del requisito fondamentale già espresso in precedenza: i documenti vanno esaminati in originale, giacché la copia difficilmente può dare risultati attendibili. E’ infatti possibile che essa rilevi ciò che in realtà non esiste (segni e macchie create dal vetro porta-originale della fotocopiatrice e dal tamburo dalla stampante), oppure potrebbe non evidenziare ciò che è effettivamente presente, dal momento che le copie fotostatiche possono non riprodurre con sufficiente nitidezza particolarità morfologiche della scrittura in analisi, le quali sono utili per esprimere la risposta al quesito formulato dal magistrato.

Oltre a ciò, se l’incarico fosse effettuato su fotocopia, potrebbe viziare nell’aspetto giuridico la perizia e/o la consulenza tecnica, essendo la stessa qualitativamente censurabile e perciò da ritenersi annullabile, alla stessa maniera di quando è scarsamente ed inadeguatamente motivata.

Alla mancanza d’idonea spiegazione è da equipararsi la motivazione incomprensibile e enigmatica, riscontrabile quando gli "specialisti" usano parole ed espressioni troppo tecnicistiche o pseudotecniche, che hanno poco senso o in ogni modo che sono inspiegabili al giudice, destinatario per eccellenza (talvolta tale linguaggio è adottato per dissimulare argomentazioni insufficienti). Nel caso in cui sono adoperati termini tecnico-grafologici e propri della materia, non di uso comune, è buona norma che essi siano resi comprensibili nell’elaborato mediante un’idonea spiegazione.

Il documento oggetto di perizia andrà naturalmente trattato, mantenuto e manipolato con la massima cura, evitando, anche involontariamente, di lasciare macchie o tratti vari che danneggino il reperto grafico in modo irreversibile e che possano falsare le ulteriori indagini, come piegature, segni o note effettuate a matita,  cancellature, oppure tracce di inchiostro o chiazze derivanti dal contatto con altri fogli[4].
Anche nel caso in cui ci sia da esaminare un atto che si trova presso un depositario (notaio, istituto bancario, ufficio pubblico) e che esso non possa essere asportato, è indispensabile che il perito si rechi sul posto con un’attrezzatura ottica portatile (microscopio stereoscopico, macchina fotografica digitale e Pc) ed esegua tutte le indagini all’uopo necessarie sull’originale, perché è da escludere in modo categorico l’effettuazione d’accertamenti e studi sulle riproduzioni che eventualmente possono essere messe a disposizione.
Occorre infine ricordare che l’indagine grafico-grafologica è strettamente connessa al progresso inarrestabile della tecnica. S’impone, pertanto, una sempre più affinata specializzazione ed il costante aggiornamento tecnico-scientifico del perito e del consulente tecnico chiamati ad effettuare le indagini d’analisi della grafia assegnategli; il tutto per contrapporsi validamente agli autori dei reati e degli illeciti che si avvalgono dei mezzi tecnici più progrediti per imitare la scrittura altrui o dissimulare la propria, al fine di commettere un falso.


 

[1] L’art. 18 del D.P.R. 445/2000, “ Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa” stabilisce che "Le copie autentiche, totali o parziali, d’atti e documenti possono essere ottenute con qualsiasi procedimento che dia garanzia della riproduzione fedele e duratura del documento. Esse possono essere validamente prodotte in luogo degli originali".

[2]  Sistema informatico cifrato che garantisce la riservatezza del contenuto dei messaggi, rendendoli incomprensibili a chi non sia in possesso di una "chiave digitale” per interpretarli.

[3]  Rif. Artt. 476 ÷ 493 bis del Codice Penale – Libro Secondo (Dei delitti in particolare) – Titolo VII (Dei delitti contro la fede pubblica) – Capo III (Delle falsità in atti)

[4] L’aderenza fisica della carta usata per alcuni tipi di fax o stampanti, denominata “carta chimica” o “termica”, con cartelle in polietilene, favorisce ed accelera il processo di degradazione della carta stessa. Analogamente, l’evidenziazione, con apposito pennarello, delle scritture apposte sul tipo di carta in argomento, n’asseconda e rende più veloce il processo chimico di invecchiamento e decolorazione.

Pubblicato in rete il 8.11.2007