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Le indagini giudiziarie grafico–grafologiche
di Dott. Lelio Cassettari
(dottore in Scienze dell’Investigazione, dottore in Scienze Giuridiche,
membro del Comitato Direttivo CSI, Ispettore Capo della Polizia di Stato)
 

 

Il lavoro di ricerca e di conoscenza per l'accertamento tecnico di documenti, in ambito penale e civile, eseguito attraverso metodiche specifiche, al fine di verificarne l'autenticità e l'autografia, deve essere compiuto, a causa della particolarità e specificità della materia, dai periti e consulenti tecnici.

Inoltre, anche se le finalità del lavoro svolto dal consulente tecnico e dal magistrato possono sembrare diverse, l’iter per giungere alla ricostruzione degli eventi è comune, giacché entrambi mirano a ricercare la verità; questo significa semplicemente complementarità, cooperazione e, nei limiti del possibile, sinergia investigativa.

Un aspetto importante riguardo ai quesiti formulati dal giudice è relativo al fatto che le indagini, inevitabilmente, costano: le leggi finanziarie che tagliano i fondi alle istituzioni pubbliche preposte non vanno sicuramente incontro alle esigenze di giustizia.

Con il contributo dell’attività investigativa effettuata da periti e magistrati, oltre che le predette esigenze di giustizia, devono trovare le opportune risposte anche rispetto altri bisogni, perché ognuno è legato ad ordinamenti morali, legislativi, amministrativi e disciplinari; la ricerca in nome di una delle esigenze non deve impedire o ritardare le risposte alle altre.

L’indagine grafo-logica, attraverso una congrua valutazione dei risultati delle analisi e degli accertamenti tecnici eseguiti, è d’indubbia utilità nella ricerca della verità processuale: il compito di eseguire le operazioni peritali e metodologiche previste spetta perciò ai tecnici opportunamente qualificati in materia.  Va ricordato inoltre, che l’indagine metodologica è strettamente connessa al progresso inarrestabile ed esponenziale della tecnica.

S’impone, pertanto, una sempre più affinata qualificazione ed il costante aggiornamento scientifico e tecnico dei professionisti che operano nel settore grafologico, i quali sono tenuti a promuovere l’evoluzione dei metodi di screening ed analisi, nonché la necessaria ulteriore ricerca di nuovi sistemi investigativi. In questo senso ha ragione il prof. Saverio Fortunato, direttore di Criminologia.it, che la Grafologia va sottratta alla Psicologia e ricondotta sotto la Criminologia.

Se vi è l’esistenza di un reato, anche la polizia giudiziaria[1], quando d’iniziativa o su delega, compie atti od operazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, può avvalersi di persone idonee (ausiliari di P.G.), identificabili, nella fattispecie, nei consulenti tecnici grafologi, i quali, fra l’altro, non potrebbero rifiutarsi di compiere la loro opera[2].

Va inoltre precisato che il consulente del p.m. non è un inquisitore che deve trovare un colpevole a tutti i costi, bensì un supporto, per definizione neutrale, ad attività d’indagine consistenti in operazioni tecniche che richiedono specifiche competenze.

E’ preminente l’esigenza di far eseguire il lavoro peritale a personale con un’esperienza tecnico –specialistica-investigativa elevata, indispensabile allo svolgimento delle indagini grafico-grafologiche, in modo da fornire al magistrato inquirente l’apporto di conoscenze specifiche, peraltro espletate da personale qualificato.

L’attuale struttura del procedimento penale, che accoglie i criteri propri del modello accusatorio (in cui il pubblico ministero è l’esclusivo titolare delle indagini), e la sempre crescente complessità delle indagini penali da sviluppare, soprattutto nel caso d’indagini grafiche, costituiscono le premesse della progressiva ed indispensabile affermazione del consulente tecnico delle parti e del perito che agisce su incarico conferito dal giudice.

Mandato posto in essere non soltanto allorché si tratta di procedere, sul versante puramente tecnico, ad un’attività d’accertamento grafologico ed alla conseguente verifica, ma anche quando sia necessario, più semplicemente, sottoporre una particolare situazione, implicante aspetti tecnico-scientifici, a persona esperta della materia, per raccoglierne il giudizio.

Negli ultimi anni, sulla scia d’alcune serie televisive, si è accresciuto l’interesse dell’opinione pubblica sull’applicazione delle attività tecnico scientifiche e peritali. Le indagini espletate in casi reali e pratici, a volte clamorosi e noti allo spettatore per l’effetto amplificante ricevuto dai mass media, hanno assunto un aspetto spettacolarizzante. Nel frattempo abbiamo assistito alla nascita di criminologi televisivi ed esperti tecnici che, con l’ausilio di materiale di supporto e teorie personali, hanno spiegato le tecniche scientifiche con cui sono condotte le inchieste e le possibili deduzioni ed induzioni che l’investigatore è portato a formulare.

Con stupore, lo spettatore ha appreso che vi sono dei prodigiosi ausili tecnologici per l’investigatore, ha imparato che nell’esecuzione d’ogni atto delittuoso vi è sempre un errore che può ricondurre all’autore o che è di sostegno per la ricostruzione dei modi d'esecuzione del fatto investigato. Occorre però chiarire e specificare che ad un aumento d’interesse dell’opinione pubblica non sempre corrisponde un aumento di cognizione reale. Le metodologie realmente attendibili e funzionali, in relazione alla possibilità di effettuare determinati accertamenti, consentiti dal vigente ordinamento giuridico, sono a volte in numero inferiore a quelle pubblicizzate dai programmi televisivi, i quali, in alcune occasioni, incuriosiscono, stupiscono e affascinano, e teoricamente rendono le indagini da attuare facili, scontate ed indubbie.

In primo luogo, a mio avviso, vi è una divergenza marcata tra la logica che disciplina gli studi scientifici e le regole e le norme che regolano il procedimento penale. L’attività tecnica è improntata al veloce cambiamento ed evoluzione che nel tempo ogni branca scientifica ed ogni metodo tecnologico subiscono, oltre alla precarietà di cui possono essere dotate le nuove teorie scientifiche, comunque considerate vere sino a prova contraria.

Le norme del rito penale, invece, sono contraddistinte da una perdurante immutabilità, rilevandosi come scopo essenziale quello di ricostruire un accadimento umano e comprovare l’esistenza d’eventuali responsabilità, che presuppongono l’ottenimento di riscontri dotati d’adeguata certezza.

Rendo noto, a titolo conoscitivo e per sottolineare l’importanza del ruolo e del lavoro del perito e del consulente forense, le dichiarazioni che hanno espresso i soggetti di seguito rappresentati. Il direttore del Master in Scienze Forensi dell’Università degli Studi di Parma, in un’intervista rilasciata sulla “comunicazione della scienza in tribunale”[3] ha detto: “Al Master in scienze forensi ho capito cosa un laureato in giurisprudenza non sa di scienza. Ho imparato che esisteva un mondo diverso. Se a lezione ci dettavano la formula dell’energia vedevi lo scienziato che scriveva ‘E=m*a’, e il giudice che scriveva ‘energia uguale a massa per accelerazione’. La cosa comunque è speculare ovviamente. Col tempo abbiamo iniziato a comprenderci. E ho capito che se loro non mi capivano stavo comunicando male”.

Un perito fisico, consulente esterno del “RIS” [4], ha dichiarato: “Il livello di comunicazione scientifica in tribunale è scarso e questo dipende dall’eccessivo dualismo tra la cultura giuridica e quella scientifica. I giuristi hanno una cultura classica e se ne vantano, gli scienziati hanno una cultura tecnico-scientifica e se ne vantano anche loro”.

Analogamente un membro del “RIS”, in un’intervista inerente allo stesso argomento, ha riferito: “Il linguaggio tecnico non è attaccato dai giudici ma dai consulenti, poi quello che stanno a vedere i giudici è proprio questo confronto tra periti che si capiscono tra loro. Il nostro lavoro è di riportare la verità scientifica e di fare in modo  che questa sia recepita correttamente dagli attori giuridici. Il nostro approccio è sempre lo stesso: grande obbiettività nella ricerca del risultato scientifico e nella redazione di un referto che si fonda su questo. In una valutazione globale direi che la prova scientifica ha notevolmente migliorato l’andamento di certi processi perché ha consentito in moltissimi casi di dare delle risposte che fino a 10 anni fa non c’erano, e tanti casi rimanevano insoluti o erano archiviati. Oggi l’esperto di scienze forensi è una figura fondamentale”

Quindi, non dovrebbero esserci evidenti difficoltà da parte del giudice, chiamato ad applicare le regole del diritto al caso concreto che gli è sottoposto, nell’applicare unitariamente la disciplina grafico-grafologica suggeritagli dal perito grafologo, che deve in ogni caso essere dettate da un criterio di ragionevolezza e di non contraddittorietà, in modo da essere chiara e di facile interpretazione.

In rispondenza a quanto evidenziato, le varie attività del perito e del consulente tecnico, soprattutto nelle indagini grafico – grafologiche basate sul metodo scientifica a base logico- matematica, settori questi profondamente complessi, devono quindi essere svolte con la massima deontologia professionale e col supporto di tutte le metodologie, strumentazioni,  possibilità e conoscenze tecnico scientifiche disponibili, utili alla formazione della prova penale, anche se talvolta, per quanto manifestato, non tutte le inchieste possono essere di facile realizzabilità o scontate.

Sia il C.T. del P.M. sia il perito del giudice hanno un dovere ben preciso, il quale è riconducibile all’accertamento della verità; non devono quindi valutare gli elementi, i dati e le situazioni che sfuggono alla competenza del giudice o pubblico ministero, ma li devono accertare e mettere a loro disposizione.

Osservando l’ordinamento processuale vigente, appare evidente che lo stesso abbia natura accusatoria, nel senso che esiste una contrapposizione, un dialogo tra le parti, tra le quali è interposto un organo giudicante, dinanzi al quale le stesse parti si confrontano: da tale contraddittorio emerge, al termine, la realtà processuale.

In merito agli esperti, con l’introduzione del sistema processuale penale di tipo accusatorio, è stato ribadito che il consulente del P.M. è un ausiliario di parte, poiché anche l’accusa pubblica è una delle parti interessate. Va però ricordato che nel nostro ordinamento il P.M. è un organo di giustizia e, giacché tale, è titolare dell’azione penale: deve quindi procedere all’acquisizione degli elementi a carico e deve anche raccogliere alla ricerca degli elementi a favore dell’indagato (o dell’imputato); laddove questi ultimi fossero insufficienti, deve inoltre sostenere l’accusa nel proseguimento dell’azione penale, avendo il potere/dovere di richiedere al G.I.P. il rinvio a giudizio ovvero l’archiviazione in caso contrario.

Il concetto esposto per il pubblico ministero vale, ovviamente, anche per il consulente: egli infatti non deve essere assolutamente considerato un mero ricercatore e raccoglitore di prove a carico; questi due soggetti dovrebbero operare in sintonia e con uniformità di vedute, seppur con ruoli diversi.

Diametralmente opposta vi è la posizione dei consulenti della difesa, i quali devono cercare di acquisire ed accertare elementi che possano essere utili alla tesi difensiva; il tutto sempre, ed ovviamente, nel rispetto della sfera deontologica professionale.

Quindi, la natura dell’attività tecnica svolta del consulente tecnico del pubblico ministero e dal perito del giudice deve esser di tipo valutativo, poiché vanno valutati fatti già esistenti, oppure gia acquisiti, nel procedimento penale.

Inoltre, la stessa attività del grafologo forense è di tipo accertativo, poiché occorre appurare accadimenti ed elementi che, attraverso l’indagine peritale, sono inseriti nel procedimento penale e passano attraverso il filtro del giudice, il quale deve tenerne conto. Ricordo in ultimo che è al giudice che compete di trarre, sul piano processuale, le conclusioni ultime, sottoponendo a disamina critica il risultato raggiunto dai periti, perché “dominus” del procedimento giudiziario instaurato. Tutto ciò avviene, secondo il principio del “giusto processo”, nel contraddittorio delle parti, i cui diritti restano così salvaguardati.

In conclusione, metto in evidenza l’importanza che ha la preparazione  professionale del perito e del consulente tecnico. Essi devono conoscere il diritto, per avere cognizione dei propri poteri e limiti giuridici, ma non devono tener conto degli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali nell’eseguire gli accertamenti tecnici, giacché il loro intervento è richiesto su argomentazione delle quali hanno una particolare conoscenza scientifica, tecnica e professionale.

“Il perito del giudice non deve agire come un avvocato in miniatura (che riporta massime della giurisprudenza e della dottrina), ma da scienziato, dunque da metodologo che, mediante la conoscenza di un linguaggio scientifico, è in grado di costruire delle regole corrispondenti tra le varie proposizioni ricavate dall’interpretazione dei fatti”.[5]

Ho già citato il concetto che le consulenze e le perizie hanno un’incidenza determinante nelle decisioni finali del processo penale. Questo si verifica soprattutto per le materie notevolmente tecniche, come quella grafico-grafologica, in cui occorrono particolari e specialistiche cognizioni tecnico-scientifiche; in tali argomentazioni la consulenza tecnica rischia di trasformarsi, da strumento di valutazione dei fatti, a prova vera e propria e quindi divenire una “sentenza anticipata”.[6] 

Sulla base anche delle consulenze, infatti, si decidono le cause, poiché esse incidono sull’andamento del processo penale e sulle decisione finali dell’autorità giudiziaria. Il compito istituzionale del perito rimane, in ogni caso, essenzialmente di natura tecnica e scientifica, con l’unica funzione di portare a conoscenza del magistrato gli elementi utili per la decisione, mentre a quest’ultimo spetta invece l’incarico di esprimere giudizi e pareri su questioni giuridiche, quindi di occuparsi della definizione del giudizio.

In tribunale, infatti, si trovano coesistenti due principali gruppi: gli “esperti” in materie scientifiche e tecniche (i periti e consulenti) ed i “non esperti” in tali settori, in altre parole gli avvocati, i giudici, i giornalisti e i rappresentanti delle istituzioni. Sia per il perito sia per il resto degli attori forensi è importante fare in modo che la verità scientifica sia compresa ed utilizzata correttamente, in modo da accertare un determinato accadimento scientifico per ricostruire la verità giuridica[7].

Infatti, le relazioni tecnico-scientifiche redatte dagli esperti forensi sono una prassi necessaria per lo svolgimento, e talvolta anche per la soluzione, di numerosi procedimenti giudiziari. Per tale motivo occorre porre particolare attenzione alla figura del perito, figura chiave nel processo di comunicazione scientifica, perché “esperto” e competente nella materia grafologica e nei sistemi complessi che essa incorpora, il quale comunica ad un gruppo di “non esperti in materia”, in altre parole giudici, avvocati ed altri attori sociali che interagiscono con le prassi giuridiche.

Infine, non bisogna dimenticare che il giudice è “perito peritorum”, nel senso che quando si manifesta un contrasto fra le perizie e le consulenze tecniche di parte colui chi decide quale versione ritenere valida è sempre e lo stesso lui, che col suo lavoro integra il materiale raccolto dalle perizie, dalle testimonianze e dalle altre fonti di prova e ricostruisce la trama dell’accadimento in linguaggio giuridico.        


 

[1] L’art. 326 c.p.p. sancisce:”Il p.m. e la p.g. svolgono, nell’ambito delle rispettive attribuzioni, le indagini necessarie per le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale.“

[2] Articolo 348, co. 4, c.p.p.

[3] Licia Gambarelli, “Comunicare scienza in tribunale. Periti e consulenti come comunicatori postaccademici della scienza”, tratto dalla rivista periodica “International Jurnal on Scienze Comunication”, n. 7, dicembre 2003.

[4] Il Reparto Investigazioni Scientifiche più noto con l'acronimo di RIS è un nucleo d’investigazioni scientifiche dell' Arma dei Carabinieri, posto alle dipendenze del Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche (RaCIS). Suddivisi in quattro nuclei distribuiti sul territorio nazionale, il più importante è quello di Parma; altre sedi sono a Roma, Messina, Cagliari.

[5]  Fortunato S., “Nuovo Manuale di metodologia peritale”, ed. Ursini, Catanzaro 2007.

[6] Cossu A., “Dossier nazionale dei consulenti tecnici d’ufficio”, ricerca condotta dal comitato “Giustizia per i diritti”, rete di professionisti del diritto di "Cittadinanzattiva onlus" (ex movimento federativo democratico) 2006; anche su www.criminologia.it

[7] Jasanoff S., “La scienza davanti ai giudici”, edz. Giuffrè, Milano, 2001. (Cambridge Mass, 1995).
 

 

© Criminologia.it Pubblicato il 11.11.2008